mercoledì, dicembre 07, 2011

"Pagherete caro, pagherete tutto.." (era uno slogan...)

Sito d'origine
http://scolpitosulleacque.myblog.it/archive/2007/07/28/pagherete-caro-pagherete-tutto-era-uno-slogan.html
E' stato tanto tempo fa ch'ero ragazzo e giocavo a fare, a pensare, a vestirmi e a raccontare d'essere comunista. Oggi questa cosa mi fa sorridere, a quel tempo come oggi non avevo un'idea di cosa significasse "comunismo".
Allora come oggi procedevo per analogie e similitudini. Essere comunista significava molto più semplicemente sentirmi diverso e dichiararlo, sentire dentro quella particolare inquietudine che si attacca alle pareti della vita e non la molla più, qualunque casa abiti, qualunque amore t'innamori, qualunque sostanza usi per i tuoi esercizi di temporaneo obnubilamento della coscienza.
Oggi come allora ho scelto in tutta libertà d'essere prigioniero, ho fortissimamente voluto rovinarmi l'esistenza, credere che le regole fossero da tradire e sovvertire, che non esistessero punti fermi se non nei limiti della nostra propria coscienza.
Ma, ovvio, non è affatto così.
Già da quell'epoca avrei dovuto (e avrei potuto senz'altro..) accorgermi che quel capitalismo contro il quale avevo in animo di lottare, di sovvertire ed annientare in qualche modo era ed è una parte della mia anima, dei miei comportamenti, del mio vivere. Come scoprire di essere brutti e voler cambiare. Si ma come? Come scoprire d'essere inetti e voler diventare geni. Si, ma come? E' qualcosa che è dentro di noi, di cui noi viviamo.
Il minimo indispensabile sarebbe una sostituzione. Combattere qualcosa senza sapere come sostituirla è solo un esercizio di stile. I nefasti effetti degli esercizi di stile? Bè, la noia, il disinteresse che sopraggiunge al "nulla di fatto".
Ma sarebbe solo il minimo indispensabile....
Se qualcuno m'avesse avvertito dicendomi: "guarda,... la vera scelta non è pro o contro ma dentro o fuori, normalità o ghetto, normalità o disperazione"....
Inutile lottare contro la normalità quando si è dentro quella stessa normalità, è un gioco stupido. Per cui ora mi ritrovo a pagare tutti gli errori commessi. I soldi che non ho guadagnato nessuno me li darà indietro, come quelli che mi sono stati sottratti. Le tasse sono costretto a pagarle, a pagarne mora e interessi.
A pagare, pagare tutto. No, non hanno pagato loro. Sto pagando io.
Capisco solo ora che la diversità non è un'aspirazione ma uno stato delle cose... O sei diverso davvero o sei come tutti gli altri. Con il tuo computer e il tuo hacking, con le tue letture, la chitarra e la musica e... i tuoi troppi errori.
Faccio bene l'amore, l'unica cosa che mi fa sorridere.
Perché ritorno al gioco, ad una qualche spensieratezza.
Ma è solo qualche volta, non sempre è così.
Essere teneri e sensibili mentre il resto della vita ti parla a forza di carta bollata, di bollette e di tempo che "non vedi che sta passando?.." non so quanto possa essermi utile.
Ma ora lo so. E sento ch'é tardi.

Nessun commento: