martedì, aprile 24, 2007

25 Aprile2007,la Resistenza non è ancora finita



Prefazione a:AA. VV., La prima volta che ho visto i fascisti.

............- Ah, ma continuate a occuparvi di cose di sessant'anni fa, quando passerà questo passato di ideologie, quando lascerete vivere in pace questa nazione?Al contrario, noi ci occupiamo del presente. Dell'assalto alla costituzione formale per portare a termine l'arrembaggio a quella materiale, ai diritti civili e collettivi, all'eredità positiva di lotte sociali e sindacali che l'antifascismo l'avevano nella carne e nei nervi. Negli ultimi trent'anni si è andato creando e imponendo un nuovo senso comune "anti-antifascista", nutrito di banalizzazioni, minimizzazioni, luoghi comuni, riscritture storiche, clichés reiterati prima in nicchie di discorso e poi sul piano generale. E' in corso una riabilitazione del fascismo che va oltre la contingenza, oltre l'immediata attualità, oltre la sopravvivenza di questa o quella compagine di governo. E' un'operazione partita molto prima di B********, e proseguirà anche dopo. Certo, solo nel periodo 2001-2005 la RAI poteva mandare in onda la cerimonia di consegna del premio Almirante. Solo un governo come quello di B******** poteva pensare di tagliare i fondi all'ANPI in vista del Sessantennale della Liberazione e, al contempo, proporre la pensione di guerra a repubblichini e reduci italiani delle SS. Solo B******** poteva equiparare il confino degli antifascisti a una "villeggiatura". Solo nel clima posteriore allo "sdoganamento" del neofascismo si potevano definire "incidente di percorso" le leggi razziali del '38, e arrivare a dire che "Almirante salvava gli ebrei". Solo l'ansia revanscista degli "sdoganati" poteva intitolare vie e piazze di diverse città a gerarchi e capimanipolo. Solo nel paesaggio mediale deturpato dagli ecomostri di sottogoverno potevano affacciarsi sceneggiati televisivi in cui il nazifascismo scompare del tutto lasciando il posto a generici "italiani".Tuttavia, questo non è che l'apice di un processo iniziato fin dal Dopoguerra, movimento che prima di confluire nel grande fiume democristiano ebbe come prima, rudimentale espressione politica l'Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, dopodiché prese forma su certi rotocalchi popolari a larghissima tiratura, pregni di languori monarchici e nostalgia piccolo-borghese, laboratori ideologici di un'Italietta che presto si sarebbe definita "maggioranza silenziosa", ostile al movimento operaio, al conflitto, al pluralismo, al "culturame" (celebre neologismo scelbiano), alla stessa Costituzione. Una parte d'Italia mai stata antifascista, che consumava le opere di divulgazione pseudo-storica di autori come Montanelli, Cervi, Gervaso, Petacco, e pian piano creava mito revanscista sulle foibe, sull'esodo istriano-dalmata, sui regolamenti di conti dell'immediato Dopoguerra, in attesa di tornare a esprimersi senza pudori né ipocrisie, fuori dal ghetto del neofascismo (chi c'era rimasto) e fuori dalla - mai accettata - cultura della mediazione, dalla gabbia di ferro dei linguaggi "dorotei", "morotei", delle "convergenze parallele" etc. Insomma, siamo molto oltre il "revisionismo storico", di fronte a un'operazione ideologica a vasto raggio, pluridecennale, vero e proprio "rastrellamento del pensiero". Questa non è stata soltanto la lunga premessa culturale alla situazione che stiamo vivendo, bensì la sua base strutturale, il reale presupposto di tutta la propaganda a seguire. I partigiani? Tutti comunisti pronti all'insurrezione, e tutti assassini. Nel '45 hanno preso il potere e lo hanno mantenuto fino alla rivoluzione democratica del 2001, quando B******** e i suoi alleati han vinto le elezioni, con l'intento di cambiare la Costituzione "bolscevica" ("che limita la libertà d'impresa", ipse dixit). Quest'offensiva non cesserà con l'inevitabile caduta di B*******. Peccheremmo di "autonomia del politico" se lo credessimo. Il blocco socio-culturale che ha mandato al potere questi impiastri continuerà a lottare con la forza di stereotipi e tormentoni. Purtroppo, nemmeno i "nostri" ambienti (chiamiamoli "radicali", "di movimento", "di sinistra", you-name-it) sono impermeabili alle riscritture e banalizzazioni della storia: l'ideologia di cui sopra si fa strada anche tramite la condanna retroattiva e indiscriminata di ogni uso della forza. Da questo punto di vista, nel movimento c'è un grande banco di pesci pronto ad abboccare su questioni come le foibe etc. etc. Nella notte in cui tutti i combattenti sono vacche e tutte le vacche sono nere, un attore d'avanspettacolo qualunquistico, fresco reduce dei "fasti" d'uno sceneggiato televisivo cripto-fascista, può essere invitato al congresso di un partito della sinistra a leggere lettere dei condannati a morte della Resistenza. Accostamento osceno, ma tout se tient, e tutto fa brodazza."In Italia più ancora che altrove, un'idea penitenziale del Novecento ha espunto dal discorso pubblico sul secolo scorso ogni considerazione valoriale, facendo tutto rientrare dentro il buco nero della nozione di carneficina [...] Per una sorta di malintesa ricompensa postuma, i più vari profili di morti ammazzati del Novecento... sono stati riuniti in un unico, smisurato, pletorico limbo di vittime: milioni di uomini e di donne colpevoli soltanto del peccato originale di essere nati in un secolo di ferro" (Sergio Luzzatto, La crisi dell'antifascismo, Einaudi, Torino 2004).
Wu Ming, 24 aprile 2005

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